È entrato uno spavento in ogn’uno, che d’altro non si ragiona (L'archivio a casa 5)
Un delitto, forse passionale, si consuma nella Firenze del 1595. Tanto spavento in piazza San Felice, ma ai parenti interessa soprattutto la ricca eredità del giovane defunto (a cura di Tania Mio Bertolo)
Alle cinque del pomeriggio del 31 gennaio 1595 la notizia di un efferato omicidio si propaga per Firenze: il giovane rampollo di una facoltosa famiglia di banchieri, Francesco Del Riccio (1561-1595), è stato trovato in un lago di sangue nel suo appartamento di piazza San Felice. Si scoprirà poi che la scena del crimine e le due spade recuperate vicino al corpo sono una messinscena dell'assassino per simulare un duello. Un suo “servidoraccio” aveva colpito Francesco al mattino, mentre era ancora coricato a letto.
Alamanno Alamanni, in una lettera da Firenze, lo riferisce al fratello Andrea, marito di Laura Del Riccio e cognato del defunto che si trova a Roma per affari, cinque giorni dopo il delitto e con grande dovizia di particolari. Ma la cosa che più sta a cuore ad Alamanno è sollecitare il fratello a gestire prontamente le questioni legate all’eredità del cognato. Dal lungo e dettagliatissimo racconto risulta infatti che gli altri parenti di Francesco ne hanno già occupato le proprietà e teme per un loro colpo di mano. Sappiamo che così non sarà, che anzi il lascito verrà in seguito diviso con un accordo stipulato fra le parti destinando all’Alamanni il feudo del quale, peraltro, la famiglia otterrà successivamente il titolo di marchesato.
Ma intanto Alamanno teme, e non vorrebbe proprio “che questo boccone andassi in bocca a chi non s’appartiene”.
Molto magnifico fratello osservantissimo
Per le lettere scrittevi martedì et mandatevi per corriere apposta, harete inteso dello scelerato omicidio seguito nella persona del povero signor Francesco vostro cognato, per mano di uno servidoraccio napoletano il quale, come molti vogliono, ricevette lunedì sera o grida o pugna dal signor Francesco, et per vendicarsene, ha confessato lui, ma io credo più presto per torgli de danari si come egli fece, la mattina seguente nel letto con uno rasoio lo scannò et con una spada che era in quella camera gli diede appresso, dicono, ventinove colpi, et per mostrare poi in ogni caso che egli l’havessi fatto per sua difesa, lo scelerato gli messe il giubbone et i calzoni et in camera lasciò dua spade sfoderate per terra.
Questo è stato uno de più infami tradimenti, ma esemplare per quelli che troppo si fidono de servidori, che si sieno sentiti da un tempo in quà, et certo che è entrato uno spavento in ogn’uno, che d’altro non si ragiona.
Stamani gli hanno fatto la festa in su la piazza di S. Felice, et d’avanti la porta del Signor Francesco gli tagliorno una mano.
Seguì il caso o, al manco, si scoperse martedì alle 17 hore, et io vi spedii il corriere alle 19 et vi scrissi in fretta perche montavo a cavallo per andare a pigliare i possessi delle possessioni, si come io hò fatto [...]. L’havevamo preso ancora qui nella casa di Firenze, mà perche, et da Pierantonio et da noi erano fatte molte dispute da nascere qualche disordine, gl’Otto l’hanno preso sopra di loro senza pregiudicare à nessuna delle parti, et sino a hora in casa vi sono i Birri.
[...] Io vi scriverò di mano in mano quello andrà seguendo, et crediate che io non penso ad’altro, perche non vorrei che questo boccone andassi in bocca à chi non s’appartiene giuridicamente per quanto intendo.
Si sotterrò il giorno seguente, cioè mercoledì, il povero vostro Cognato, et stamani si è fatto l’esequie.
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La veduta a volo d’uccello delle piazze Pitti e San Felice è un particolare dell'incisione di "Florentia nobilissima" da Sebastien Munster, Cosmographiae Universalis, 1550, pp. 192-193 (tratta da historic-cities.huji.ac.il/historic_cities.html).